Kintsugi, riparare con l’oro

Kintsugi … riconoscimento del tempo che passa, della bellezza triste, di un rispetto profondo ed empatico per la fragilità … una malinconia serena nel saper apprezzare ciò che di noi invecchia, che si rompe, i fallimenti, i dolori, gli amori perduti … che ci porta ad amarci per come siamo, “rotti” ma nuovi, unici ed irripetibili …Per questo degni dell’oro che ci ricopre.(da: Kintsugi, di Cristina Lorenzetti; ceramica in Kintsugi moderno di Maurizio Duse)

Bambola DARUMA

DARUMA è una piccola figura votiva giapponese (anche se molto popolare tra i bambini) senza braccia e senza gambe, che rappresenta Bodhidharma, il fondatore dello Zen. Quando viene realizzata (in questo caso da me) si colora solo un occhio, e questo significa che si punta dritti ad un obiettivo. Il secondo occhio si colora solo ad obiettivo raggiunto. Dedico questa figurina a mia moglie Lorena per la realizzazione di una sua aspirazione.

MANUTENZIONE ARMI GIAPPONESI IN LEGNO

Ciao a tutti! Scusate se uso questo canale per parlare solo a pochi, ma volevo dare, a tutti quelli che praticano arti marziali e usano armi in legno (bokken, jo, ecc.) qualche consiglio di manutenzione. Ho avuto modo, di recente, di maneggiare un vecchio bokken (originariamente di alta qualità) che però negli anni e dopo svariati colpi seri… era pressoché da buttare dato che il legno era secco e sfibrato e, a ogni nuovo colpo, si ammaccava o – peggio ancora – faceva delle pericolose schegge. Io stesso, nel tentativo di rimuovere le scheggiature, carteggiandolo con cura, non facevo altro che crearne di nuove, proprio perché il legno era sfibrato. Al di là del fatto che è antieconomico trattare male un’arma in legno, secondo me (ma voi sapete come la penso sulla “spiritualità” nelle armi giapponesi) non è nemmeno segno di molto “rispetto” nei confronti di una spada e di corretta “etichetta” nella pratica dell’arte. Ma è solo una mia opinione. In ogni caso, volevo consigliarvi di effettuare una semplice manutenzione alle vostra armi in legno con frequenza annuale, all’inizio dei corsi, se usate le armi solo in kata, almeno due volte l’anno (meglio tre!) se fate combattimenti e sono soggette ad urti. Come fare? Se l’arma è recente e poco usata, basta una carteggiata LEGGERA con carta abrasiva da 220, seguita da una passata lucidante a 400 (se avete 800 è anche meglio, il legno diventerà lucidissimo). Poi una passata di un batuffolo di cotone con POCO olio paglierino (lo trovate in tutti i negozi di colori), che servirà a proteggere e rendere elastiche le fibre del legno. Se l’arma è usata molto e sono presenti delle scheggiature meglio abbondare con la carta abrasiva 220 (magari prima passando una 120 solo sule scheggiature), per poi lucidare con la 400 e dare una passata di 800.L’olio paglierino non deve mancare: imbevete pure un foglio di carta cucina ripiegato e passatelo su tutta l’arma almeno 2 volte. Passate poi un foglio di carta cucina (o uno scottex) per “asciugare” l’olio in eccesso (che comunque viene assorbito rapidamente. Lasciare asciugare 1 notte prima di usare l’arma. Attenzione: personalmente sconsiglio l’olio di lino (crudo o cotto). Sporca molto e, secondo me, non è adatto per le armi in legno. Qualcuno usa l’olio di noci, che è più viscoso del paglierino (e quindi sporca un po’) ma è più protettivo. Quello originale giapponese costa una piccola fortuna, andate in un negozio di colori. ATTENZIONE: ha un alta tossicità se ingerito e può provocare gravi fenomeni allergici a chi è intollerante o allergico alle noci! Spero di essere stato utile. Buna pratica a tutti.

Spade, meteoriti & sideriti

Prima che l’uomo apprendesse le tecniche metallurgiche per realizzare il ferro dai minerali (e quindi in piena età del bronzo), sono apparse in tutto il mondo delle lame “in ferro/acciaio” che, essendo apparentemente invincibili contro le armi dell’epoca, divennero presto leggendarie e spesso considerate “magiche” o “dono degli dei”.

Si tratta quasi sicuramente di spade forgiate con ferro meteorico, come le sideriti, cioè meteoriti di ferro, carbonio (poco) e nickel.

Volevo verificare sperimentalmente se un pezzo di siderite di 5500 anni di età, debitamente limata e lucidata con le stesse pietre naturali usate dai fabbri giapponesi e dai “togishi” potesse assumere la lucentezza di una lama.

Ecco il risultato.

Siderite “Campo del Cielo” (5500 anni fa)

Kikko Gumi Sageo

Gli antichi giapponesi, sicuramente influenzati dalle loro credenze religiose, nonché dal loro particolarissimo rapporto con la morte, usavano trasferire in molti oggetti di uso quotidiano dei simboli che facessero riferimento al concetto di “lunga vita”: la tartaruga (kikko, in giapponese) è uno di questi.

Ma dato che nel medioevo giapponese l’attività principale, nei ceti più elevati, era … la guerra (!) il simbolo dell’esagono – rappresentante la tartaruga – era presente soprattutto nelle finiture di armi ed armature.

Purtroppo tali finiture (in particolare gli odoshi per le armature e i sageo per le spade) essendo realizzati in seta, non hanno “sopportato” molto bene lo scorrere del tempo e quindi ce le sono arrivate pochissime integre fino a noi.

Ad esempio, quello illustrato nella foto qui sotto rappresenta un sageo (la corda piatta che serviva a legare la spada alla cintura) realizzato fin dal periodo Heian (784-1184 A.D.)

Inutile dire che per me è stata una enorme soddisfazione personale, dopo oltre 1 anno di ricerche e di tentativi) essere riuscito e riprodurne uno, secondo uno dei “pattern” (modello di intreccio) dell’epoca.

E’ realizzato mediante il telaio “takadai” (vedi nel sito) con 52 tama (bobine di filo), ognuna delle quali può avere dai 5 ai 30 fili di seta per costituire il filo principale.

Ho provato la sensazione di ricostruire un pezzetto di storia giapponese.

 

 

 

Sageo, Tsukaito e Odoshi fatti a mano

Una delle espressioni più concrete dello sviluppo della civiltà umana, in era protostorica, è sicuramente la tessitura, cioè la capacità di trasformare dei filati in manufatti come stoffe, cinture, nastri, corde, ecc.

Con tutta probabilità, prima dell’invenzione dei telai, l’intreccio dei filati avveniva con mani e dita, manipolando i cappi senza alcun utensile specifico. In molti popoli ed in molte culture ne è tuttora rimasta traccia: dallo “scoubidou” (molto diffuso come gioco e passatempo anche in Europa) al “kute-uchi” giapponese.

Fu proprio quest’ultima tecnica che, in Cina prima e poi – via via – in Corea e Giappone, creò le basi del “Kumihimo” (letteralmente “intreccio di fili”).

 (Disegno di Kazuma Mitani tratto dal volume “Comprehensive Treatise of Braids I di Makiko Tada)

Col passare del tempo l’arte del Kumihimo diventò funzionale anche per la realizzazione di armature, finiture per spade (katane) e cinture (obi).

Proprio come appassionato di spade tradizionali giapponesi (Nihonto) ho cominciato ad interessarmi al Kumihimo in quanto mi consentiva di realizzare artigianalmente molti “accessori” altrimenti introvabili, soprattutto per i materiali (seta o cotone naturale) e per i “pattern“, cioè le forme, i disegni ed i colori specifici di ogni intreccio, spesso legati indissolubilmente ad un’epoca, uno shogunato, un clan. Talvolta riproducendo dei motivi e delle allegorie profondamente vicini a molti aspetti culturali e religiosi (buddismo zen, shintoismo, ecc.).

Sageo con kumihimo takadai

Se a qualche “tsukamaki” (è l’artigiano giapponese che realizzava le impugnature delle spade) può interessare, ho appena finito la costruzione di un telaio “takadai” (versione occidentale, più alto per poter lavorare da seduti) col quale realizzare dei sageo con molti più fili di seta (fino a 64) rispetto al “normale” marudai per kumihimo.
Inoltre il takadai consente di realizzare incroci che generano righe parallele al senso della lunghezza (e non solo oblique, come nel marudai).
Questo consente la realizzazione di intrecci anche per armature, obi, anche con “pattern” storici come, ad esempio, il “kikko gumi”, la famosa tartaruga (kikko) ad esagono tipica di molti shogunati, Tokugawa compreso.
Una precisazione: i fili che vedete nell’esempio sono da 0,5 mm; il sageo è largo, complessivamente 12/13 mm

  

  

Il Same: un pesce per… non perdere la presa

Una pelle di razza (same)

Ammetto che, quando mi è arrivata mi ha fatto un po’ impressione … e, sinceramente, anche un po’ di pena per quello che deve essere stato un bellissimo animale del mare: una razza gigante del mar del giappone. Quella in foto è la sua pelle, debitamente conciata e trattata.

Servirà a creare il “same”, cioè il rivestimento “antiscivolo” dell’impugnatura in legno (Ho) di una katana. Poi, sopra il same, andrà intrecciato lo “tsukaito”, una piattina di seta, cotone o pelle, che sarà a contatto diretto con la mano del samurai, durante l’uso della spada.

La Tsuka (impugnatura) di una katana

 

Tameshigiri e spiritualità

Chi mi conosce sa che, pur non essendo religioso praticante, ho il massimo rispetto per ogni forma di spiritualità, specie se praticata da qualcuno in buona fede.

Mi sono trovato anch’io, in prima persona, in un certo imbarazzo … “mentale”, nella possibile pratica del Tameshigiri (è una prova di taglio con la classica spada giapponese (nihon-to) più conosciuta come katana).

tameshigiri

Questa prova è frequentemente eseguita su un tatami in paglia arrotolato ed imbevuto d’acqua o – più di recente – su un fascio di bambù legati tra loro.

Al di là della pericolosità del fatto in sé stesso (si tratta di una spada tagliente!!! * vedi nota sotto) i miei tentennamenti erano dovuti al fatto che nel “tagliare” si simula in realtà un atto violento, teoricamente rivolto verso un altro essere.

Ho scoperto, leggendo qua e là, che non è una sensazione così rara. Addirittura un Maestro di spada scomparso recentemente – Yukio Takamura – raccomandava, in un suo scritto, di praticare con una sorta di “protocollo/atteggiamento” (Reigi, etichetta) rispettoso nei confronti delle persone presenti, del luogo (dojo), della spada e, in linea con lo spirito shintoista di molte tradizioni nipponiche, nei confronti dei Kami (Divinità) presenti nel luogo o evocati dall’atto di tagliare.

Personalmente sono molto rispettoso di queste tradizioni e convinzioni spirituali.

Chi fosse maggiormente interessato alla cosa, può leggere lo scritto completo di Takamura Sensei al link

http://www.intk-token.it/forum/index.php?showtopic=2956&hl=%2Btakamura+%2Bsensei

(*) NOTA IMPORTANTE: MAI E POI MAI PROVARE A FARE PROVE DI TAGLIO SENZA LA DOVUTA ESPERIENZA, IN UN LUOGO INIDONEO E SENZA L’ASSISTENZA E LA PRESENZA DI UN MAESTRO QUALIFICATO: E’ ESTREMAMENTE PERICOLOSO, PER SE’ E PER GLI ALTRI

Happy hour (per cani) giapponese

Ciao a tutti!

Ho scoperto che Puffa, la mia cagnolina (1/2 Jack Russell e 1/2 Maltese = 95% Jack Russell Parson Black Long Legs) è in realtà filo-giapponese, almeno intermini di coraggio (da leone), ostinatezza (da Jack Russell) e gusti alimentari (da … lupo!).

Adora la salsa Wasabi!

Ci sono degli snack (li trovate da Lidl) di gusto orientale al WASABI. Io non riesco a mangiarli senza sternutire! Se ho il raffreddore … mi aprono il naso!!!

 

 

Puffa… no problem … se li lecca e li mangia contenta senza problemi!

Il guaio è che dopo vorrebbe anche lo “spritz” 😉

Puffa snack

Un topolino portatore di … abbondanza!

topo menuki

Esistono, nel mondo, molte tradizioni (o piccoli riti) per augurare fortuna, prosperità ed abbondanza. Caso molto comune, anche da noi in Italia, gettare del riso agli sposi, alla conclusione della cerimonia.

Ci sono anche molti detti in materia che coinvolgono animali: anche da noi “ragno porta guadagno”.

In oriente è il topo a svolgere questa funzione. La sua presenza esorcizza la fame e la povertà; dove c’è un topolino … c’è anche da mangiare!

Netsukè giapponee

Per questo la figura del topo, nel sol levante, non è negativa, anzi!

Perfino i samurai se lo tenevano talvolta molto caro: come deliziosi “bottoni” (netsukè) dei porta oggetti da cintura o, addirittura, come “menuki” (ornamento posto sull’impugnatura della spada, che aveva anche lo scopo di migliorarne la presa; normalmente erano due, posti sui lati opposti dell’impugnatura, sotto l’intreccio – tsuka ito – della stessa).

menuki sotto tsuka ito

La foto introduttiva rappresenta il mio bellissimo topolino-menuki che ho trovato su … Ebay! E’ un po’ accigliato ma … forse non aveva ancora trovato il formaggio 😉

Tsuba EDO e Shi-Shi

Una tsuba, periodo EDO, un po’ povera, ma con una interessante incisione del mitico shishi (cane leone), derivante dalla cultura cinese ed adottato anche in Giappone come protettore. Tipicamente si trovava, a coppie (uno con la bocca aperta e uno con la bocca chiusa) a protezione dell’ingresso dei templi. L’incisione è ricorrente nelle guardie (tsuba) e nelle decorazioni (menuki) delle impugnature delle katane.

Meditazioni Monogotari

Fantastico! Dopo Oltre 35 anni l’ho ritrovato ri-pubblicato!!
Belissimo. Anche se adesso – anziché Aikido – potrei fare Sumo (con i miei 110 Kg), lo spirito c’é sempre!
Non posso non “leggervi” una meditazione:

“Colui che è saggio, non ha servi,
egli è il proprio servo.
Non ha padroni,
egli è il proprio padrone.
Colui che è saggio, non ha casa,
ovunque è la sua casa.
Non ha famiglia,
tutti sono la sua famiglia.
Colui che è saggio dorme come un bambino,
nei suoi occhi è la luce umida della bontà”.

La leggenda della spada giapponese (Nihonto)

Una antica tradizione Shinto narra che, in un tempo remoto, il dio Haya Susanoo venne esiliato dagli altri dei del “pantheon” giapponese nella regione di Izumo, dove viveva e prosperava un potente drago con otto teste. Al fine di evitare che il drago distruggesse i villaggi, era consuetudine della popolazione offrirgli ogni anno, per il suo sacrificio, una giovane vergine, nata nella zona.
Il dio Susanoo allora fece edificare una grande palizzata di bambù e che prevedeva otto punti di accesso, posti sul lato superiore della palizzata, uno per ogni testa del drago. Immediatamente sotto ogni varco fece mettere delle scodelle piene di denso e forte saké.
Riscaldato al punto giusto il saké esalò un profumo al quale il drago non seppe resistere e quindi, con ognuna delle sue otto teste, entrò nei varchi della palizzata per bere il saké, di cui era ghiotto.
Ben presto il saké fece il suo effetto facendo addormentare il drago e consentendo quindi a Susanoo, ad una ad una, di recidere le sue otto teste. Ucciso il drago volle farlo a pezzi ma, arrivato alla coda, non riuscì a troncarla e ruppe la sua spada. Aperta la coda nel senso della lunghezza, vi trovò all’interno una bellissima e grande spada, chiamata Tsumugari (la ben affilata), quella che in seguito gli uomini riprodussero per creare la katana, la potente spada giapponese.

Choji Oil

Ho appena finito di preparare l’infusione 2016!
Adesso bisogna aspettare un mesetto perché l’olio di vasellina (paraffina liquida purificata) estragga gli olii essenziali dai chiodi di garofano (principalmente l’eugenolo) e poi … pronto!
1 litro e mezzo di olio Choji per la pulizia delle lame delle katane (secondo rigorosa tradizione giapponese).
Qualcuno ne vuole? serve anche per il mal di denti! 

Lucidatura a specchio

Forse non sono ancora un “toghishi” (politore di spade giapponesi) ma … forse ci sono riuscito: dopo mesi di prove ho trovato la giusta sequenza e grana di pietre.
“Vittima” dei miei esperimenti il mio caro higonokami da 18€, però originale made in japan.
In origine la lama è trattata con … una fresa CNC (ecco il motivo del basso costo), con evidenti segni di lavorazione.


Ho lasciato la parte superiore della lama intonsa proprio per evidenziare la differenza con la parte bassa da me lucidata.
Ho iniziato con una pietra 1000, poi una 2/3000 naturale e infine una 6000.

Giudicate voi. Ciao